PERSONE E PERSONAGGI

Gabriele Verri una voce della Lombardia preilluministica Gigliola di Renzo Villata

Gabriele Verri nasce a Milano il 16 aprile 1695 da Giovanni Pietro, e da Maria Antonia Orrigoni, figlia del questore e decurione Giampietro, primogenito prediletto dal padre che «passionatamente» lo amava. Inizia un cursus hominum, destinato ai più alti gradi della società del tempo in giovanissima età. Nel 1714, non ancora laureato (lo sarà nel 1717) è già Protettore dei carcerati, come lo saranno poi Pietro (tra il 1751 e il 1752), e Alessandro, suo figlio: rimane in tale carica fino al 1731. Nel ‘19 entra nel Collegio dei Nobili giureconsulti della città di Milano ed è nominato auditore dell’Ufficio delle Strade; è protettore di vari monasteri milanesi e del territorio viciniore; nel ‘26 diviene vicario di provvisione; nel ’27 e 28 gestisce l’ufficio di provicario del Banco di S. Ambrogio, istituzione finanziaria ambrosiana di rilievo di cui cura la ristampa delle Regole nel 1730. Fin dal 1717, con il nome di Elsindo Sferieno, aderisce alla «colonia milanese degli Arcadi»: la sua ‘vocazione poetica’ è manifesta in alcune centinaia di Rime composte fra il 1715 e il 1733: spaziano dal sacro al profano e rivelano buona familiarità con il ‘mestiere’ del poeta e le sue regole ma scarsa ispirazione. Negli anni ’30 prosegue il suo percorso istituzionale con nuovi incarichi finchè nel ‘40, quale patrizio, è tra i sessanta decurioni del Consiglio Generale della città di Milano; nel ’41 diviene avvocato fiscale: sarà coinvolto nella gestione di moltissime questioni e vertenze, oltre che incaricato di ‘spedizioni’ importanti al Congresso di Vigevano nel 1744 e a svolgere importanti azioni diplomatiche negli anni successivi.
A lui si deve l’undicesima edizione milanese delle Novae Constitutiones Mediolani (edita nel 1747: la prima nel 1541), preceduta dal De ortu et progressu iuris mediolanensis prodromus, che rinvia a un atteggiamento, allora ricorrente, di recupero della memoria storica legata al territorio d’origine, declinato, in quel caso, sul versante del diritto, coniugato a una passione per l’antichità e la storia dal sapore umanistico. Senatore straordinario nel 1749, Senatore reggente (quindi membro del Consiglio d’Italia) nel 1753, all’apice della carriera tuttavia non conclusa secondo le ambizioni coltivate, svolge ancora con impegno i suoi compiti fino al declino degli ultimi anni di vita. Nel 1760 e anni seguenti, su impulso governativo, si dedica alla storia della Lombardia: testimonianza ne sono, rimaste manoscritte le Memorie istorico-politiche della Lombardia austriaca presentate alla Reale Altezza del Serenissimo Arciduca Giuseppe (e Continuazione) e l’Istoria della austriaca Lombardia. Diviso tra atteggiamento ‘conservatore’ e consapevolezza della necessità di un ammodernamento, si fa portatore di attente esigenze di ‘manutenzione’ dell’ordinamento ed è portatore nel 1778 di queste necessità nella redazione del Nuovo piano della pratica civile e criminale per lo Stato di Milano, affidato, su impulso di Maria Teresa, dal Senato a lui e al senatore Giuseppe Santucci, con una ripartizione dei compiti che vede la parte del processo civile elaborata con il suo predominante intervento: nonostante il volonteroso operato che coinvolge nei ‘lavori’ preparatori tutte le componenti del sistema giustizia milanese, il Nuovo piano, più legato al passato che non al futuro, ma ricco di regole ispirate alla celerità: non riesce ad entrare in vigore per le resistenze e difficoltà frapposte negli anni successivi. Redige nel 1776, a seguito del decreto teresiano dello stesso 1776 di abolizione della tortura, una consulta senatoria in senso contrario, motivata da ragioni di legittimità e ‘necessità’ dell’istituto sul territorio, all’origine anche delle vicende editoriali ritardate delle Osservazioni sulla tortura del figlio Pietro, uscito postumo. Scompare nel settembre 1782.

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