PERSONE E PERSONAGGI

Pietro Verri e ‘i progressi della ragione’ Carlo Capra

Pietro Verri (1728-1796) economista, filosofo, pensatore e scrittore politico, giornalista, storico e memorialista, è stato giudicato da Franco Venturi “il maggiore degli illuministi italiani”.
La definizione di Venturi si riferisce però anche al suo contributo pratico alle riforme asburgiche nello stato di Milano, dove Verri rivestì alte cariche nell’amministrazione delle finanze tra il 1764 e il 1786. Di famiglia appartenente da secoli al patriziato milanese, fu educato in collegi tenuti da gesuiti e da altri ordini religiosi. Manifestò presto un’indole orgogliosa e ribelle e cercò in gioventù di emergere in campo letterario, dando le prove migliori negli scritti satirici. Nel 1759, stanco della vita oziosa del giovin signore, partì volontario per il fronte della guerra dei sette anni tra la Monarchia austriaca e la Prussia; ma presto si convinse che la carriera militare non faceva per lui e dopo un anno (il 1760) trascorso a Vienna fece ritorno in patria con il proposito di ottenere dal governo austriaco un impiego civile. Nel 1763 spedì a Vienna un suo manoscritto contenente le Considerazioni sul commercio dello Stato di Milano, che fu letto e apprezzato dal Kaunitz, ministro degli esteri e consigliere prediletto di Maria Teresa. Nominato nel gennaio 1764 membro di una Giunta incaricata di studiare le riforme da attuare nella gestione dei dazi e delle privative, Verri diresse la compilazione del primo bilancio delle importazioni ed esportazioni del Milanese; alla fine del 1765 divenne condirettore per la parte regia della nuova Ferma mista (l’appalto generale delle imposte indirette) e al tempo stesso membro di un nuovo Dicastero, il Supremo Consiglio di economia. Da questo passò nel 1771 al Magistrato Camerale, del quale fu in seguito nominato vice-presidente e nel 1780 presidente. La sua carriera terminò nel 1786 per effetto della “rivoluzione dall’alto” operata da Giuseppe II nell’amministrazione lombarda. Tra le principali riforme a cui egli lavorò negli anni Sessanta e Settanta vanno ricordate la liberalizzazione del commercio dei cereali, la soppressione delle corporazioni di arti e mestieri e la redenzione delle regalie alienate, cioè dei cespiti che il governo spagnolo e poi quello austriaco avevano venduto a privati o corpi civici.
Fra il 1763 e il 1766 Verri era stato l’animatore di un gruppo di giovani nobili in polemica con la cultura dei padri e con la vigente organizzazione sociale, che si riunivano in casa sua a leggere e discutere i nuovi libri degli illuministi francesi e inglesi. Nel clima di “calda e affettuosa amicizia” che contrassegnò questa “Accademia dei Pugni” (così chiamata dai detrattori) nacquero opere come le Meditazioni sulla felicità di Pietro Verri e Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria, e furono redatti i fogli del Caffè (1764-1766), la rivista del gruppo, diretta da Pietro Verri con la collaborazione, tra gli altri, del suo fratello minore Alessandro. Al periodo successivo appartengono gli scritti più importanti di Pietro in campo filosofico, economico e storico, solo in parte dati alle stampe: le Meditazioni sull’economica politica (1771), le Idee sull’indole del piacere (1773), le Osservazioni sulla tortura (1776-77), i Discorsi sull’indole del piacere e del dolore, sulla felicità e sulla economia pubblica (1781, riedizione e rielaborazione di scritti del decennio precedente), il primo volume della Storia di Milano (1783), le Memorie appartenenti alla vita e agli studi del signor Don Paolo Frisi (1784). A queste opere sono da aggiungere decine di memorie, frammenti autobiografici, scritti satirici, riflessioni politiche attinenti agli avvenimenti internazionali e soprattutto alla Rivoluzione francese, ai cui princìpi di libertà e uguaglianza il Verri aderì entusiasticamente. Solo nella recente Edizione Nazionale delle Opere (otto volumi in dieci tomi, 2003-2014) questa vasta produzione a carattere autobiografico e memorialistico (riguardante anche le vicende familiari e matrimoniali, come ad esempio i Ricordi a mia figlia Teresa) è stata messa a disposizione dei lettori, accanto alla parte terminale del trentennale Carteggio tra Pietro e Alessandro Verri 1766-1797) una delle più vive e affascinanti testimonianze sulla società, la politica e la cultura del Settecento italiano ed europeo.

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