Newsletter 18 – Marzo 2022

Newsletter 18 • Marzo 2022
MODIGLIANI, WITTGENS, DELL'ACQUA, RUSSOLI, PROTAGONISTI PER UNA GRANDE BRERA

La conferenza che si è tenuta il 26 gennaio 2022 in Sala Maria Teresa è stata un omaggio a Brera e alla sua storia più recente. Sono intervenuti James Bradburne, Direttore generale della Pinacoteca e della Biblioteca Braidense e Marco Carminati, storico dell’arte responsabile delle pagine dedicate all’arte dell’inserto domenicale de “Il sole 24 ore”.
Bradburne ha sottolineato come il suo operato in questi otto anni è stato influenzato fortemente dai valori di civiltà e umanità dei suoi predecessori. Giunto a Milano nel 2015, accolto inizialmente con sospetto per il fatto di essere straniero, Bradburne ha voluto capire in un primo tempo come mettersi al servizio di una istituzione culturale tanto ricca di storia e tanto amata dai milanesi. Ogni museo, ha spiegato Bradburne, ha un’anima, una essenza che in parte gli deriva dalla sua storia. In questa sua ricerca Bradburne si imbatte casualmente in uno scritto di Franco Russoli, direttore di Brera dal 1957 al 1973. Bradburne ne rimane così folgorato da affermare che “le sue parole divennero le mie parole, il suo pensiero, il mio. Non avevo più bisogno di cercare”. Negli scritti di Russoli, Bradburne trova le linee guida a cui ricollegarsi nel suo operare per il museo e per la città. Russoli intendeva il museo non solo come luogo di conservazione dei grandi capolavori del passato, ma come un luogo vivo capace di parlare a tutti, ricco di iniziative educative, in grado di crescere e mutare seguendo gli sviluppi dell’arte contemporanea. Come ha spiegato Bradburne parte delle idee di Russoli derivavano dalla sua mentore Fernanda Wittgens, instancabile direttrice di Brera dal 1940 al 1957. Inspiegabilmente ancora poco nota nel 2015, Bradburne si è adoperato per far conoscere attraverso studi e pubblicazioni la storia e l’operato di questa donna vulcanica e geniale. Fu lei con pochi fidati assistenti a mettere in salvo i capolavori di Brera durante il secondo conflitto mondiale in una villa in Toscana. Fu lei a battersi perché si potessero ricostruire le sale danneggiate o distrutte dai bombardamenti che avevano devastato Milano. Nel 1950 Brera riapre e la Wittgens ne fa un museo vivo aperto ad iniziative didattiche, capace di parlare a tutti e di rinnovarsi costantemente nella contemporaneità.Bradburne ha concluso il suo intervento ricordando che il passato contamina il nostro presente e che per questo è necessario mantenerne viva la memoria. La Pinacoteca di Brera oggi è in gran parte la conseguenza del lavoro della Wittgens del suo mentore Modigliani e di Russoli.

Marco Carminati ha ricordato un’altra figura chiave nella storia recente di Brera, da lui personalmente conosciuta, quella di Gian Alberto dell’Acqua di cui a breve verranno pubblicate le memorie. Laureato in storia dell’arte a Pisa, Dell’Acqua entrò giovanissimo alla sovrintendenza di Milano. Egli fu tra gli artefici insieme alla Wittgens del rocambolesco salvataggio dei capolavori di Brera durante il secondo conflitto mondiale. Con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940, il patrimonio di Brera fu portato al sicuro in Toscana presso villa Marelli. Il luogo fu scelto perché lontano dalle frontiere nazionali e quindi per questo considerato più sicuro. Ma nel 1943 le cose cambiarono: con l’avanzare delle forze alleate dalla Sicilia, le opere dovevano essere riportate oltre il Po, a nord. Dell’Acqua aveva raccontato a Carminati dei pericoli corsi sia dai dipinti che da lui stesso. Egli aveva infatti dovuto aderire alla Repubblica di Salò in quanto funzionario dello stato ma la sua unica missione era quella di salvare il patrimonio di Brera dai tedeschi facendo accordi segreti con i partigiani e con gli alleati. Le opere vennero caricate su grossi camion costretti a procedere di notte a fari spenti per evitare di essere intercettati dall’ aviazione. In gran segretezza i dipinti trovarono riparo parte all’Isola Bella dai principi Borromeo e parte proprio nella villa di Dell’Acqua, a Lesa. Per fortuna non furono trovate dai nazisti che nella loro ritirata verso il Brennero portavano opere e dipinti di grande valore.

Grazie a queste eccezionali figure di uomini e funzionari, così sentitamente ricordati da Bradburne e Carminati, il patrimonio è stato salvato e ha potuto ritrovare nuovamente la sua collocazione a Brera.

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ARCHIVIO STORICO LOMBARDO 2021

Il 16 febbraio 2022 è stato presentato in sala Maria Teresa il volume del nostro giornale “Archivio storico lombardo” per l’anno 2021. A prendere la parola per primo è stato il nostro Presidente avvocato Gian Giacomo Attolico Trivulzio che ha sottolineato quanto il ritorno in presenza dopo due anni di pandemia sia motivo di grande speranza.
Il Presidente ha quindi rivolto un ringraziamento sentito alla Corporate Family Office SIM del consocio dottor Andrea Caraceni che grazie al suo generoso impegno finanziario ha coperto l’intero costo finanziario della rivista anche quest’anno. Il Presidente ha quindi rivolto un augurio alla Professoressa Elisa Occhipinti nuovo direttore dell’ “Archivio storico lombardo”. Questo del 2021 è infatti l’ultimo volume diretto dal Professor Carlo Capra, a cui sono andati i più sentiti ringraziamenti del Presidente per l’egregio lavoro svolto nei 10 anni di direzione. Ha quindi preso la parola il Professor Alberto Bentoglio che si è soffermato sulla parte monografica del volume dedicata alla Milano degli anni venti. Bentoglio ha sottolineato come la città in questi anni abbia vissuto un grande sviluppo sia industriale che culturale. Certo la guerra 1915-18 aveva prodotto forti lacerazioni nel tessuto cittadino, ma Milano reagisce spingendo sul pedale della modernizzazione. In questi anni nascono le due Università della città quella del Sacro Cuore voluta da Padre Gemelli, e quella Statale. Milano diviene poi la capitale indiscussa della vita teatrale italiana sia per l’offerta sia per l’espansione del pubblico sia per la critica teatrale che considera la città la piazza più importante. Regno incontrastato della prosa era il Teatro Manzoni frequentato dalla ricca borghesia e luogo privilegiato di tutte le grandi compagnie. Fra le molte serate entrate nella storia, Bentoglio ha ricordato la prima recita dei Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello che reduce dal fiasco romano, al Manzoni viene invece acclamato dal pubblico. Anche le arti decorative conoscono un periodo di impetuoso sviluppo grazie anche alla figura di Guido Marangoni, sovrintendente al Castello Sforzesco che si fece promotore di un programma per la ripresa e la valorizzazione dei mestieri dell’arte. Marangoni pensava che le molte manifatture presenti in Lombardia danneggiate ma non distrutte dalla guerra, con le loro vaste competenze potevano rivelarsi una fondamentale ricchezza per il paese. Si fece quindi promotore di un gran numero di iniziative fra le quali anche l’organizzazione di mostre periodiche, le Biennali di arti decorative che si tennero negli anni Venti alla Villa Reale di Monza. Queste si rivelarono uno strumento eccezionale per mettere in contatto artisti e artigiani. Infine Bentoglio ha ricordato il saggio di Carminati che ripercorre la nascita fra il 1921 e il 1922 di due grandi musei milanesi e cioè del museo di Palazzo Reale e della Galleria di Arte Moderna di Villa Reale. I due palazzi erano stati donati dal re Vittorio Emanuele III allo stato italiano nel 1919. Il Comune di Milano decise di renderli sedi museali e diede l’incarico del progetto di trasformazione a Guido Marangoni. Egli aveva disposto che la maggior parte delle stanze di Palazzo Reale rimanessero intatte con i loro mobili e suppellettili a futura memoria mentre solo alcune di queste dovevano divenire la sede del nascente museo di arti decorative. Marangoni invece pensava di trasformare Villa Reale nella Galleria d’arte moderna. Il progetto del Marangoni venne attuato solo in parte poiché con l’avvento del fascismo egli fu allontanato da tutti gli incarichi.
Bentoglio ha concluso il suo interessante e ricco intervento ricordando il bel saggio di Antonello Negri sui pittori, scultori, galleristi e critici d’arte e collezionisti attivi a Milano in quel decennio.
Ha preso quindi la parola la Professoressa Occhipinti che si è soffermata sulla parte monografica del volume dedicata al bicentenario napoleonico e portiano. L’introduzione a questa sezione è a firma del Professor Carlo Capra che ha rilevato innanzitutto la inaspettata risonanza sulla stampa periodica e sui mass media di questa ricorrenza. Il bicentenario è stato l’occasione per ribadire la grandezza del personaggio non solo per le sue doti militari ma anche per la potente spinta modernizzatrice impressa in tutta l’Europa soggetta al suo dominio. Nessuno più nega, scrive il professor Capra, che da quella esperienza presero le mosse le guerre d’indipendenza dell’Ottocento. Milano e la Lombardia beneficiarono moltissimo dell’esperienza francese poiché vi furono più a lungo soggette. In particolare Milano assurta a capitale del regno intorno al 1810 vide nascere una burocrazia intelligente e numerosa, conobbe importanti cambiamenti urbanistici, divenne sede di istituzioni culturali all’avanguardia. All’’introduzione di Capra fa seguito il saggio di Emanuele Pagano dal titolo “Sposi a Milano immigrazioni e mestieri nella capitale napoleonica” che analizza la mobilità sociale e geografico-professionale degli abitanti del milanese sulla base delle fonti disponibile. Nel suo scritto Riccardo Benzoni ha evidenziato come gli eventi festivi organizzati a Milano nelle stagioni della Repubblica italiana e poi del Regno Italico contribuirono ad alimentare il mito di Napoleone novello Annibale, eroe vittorioso e liberatore, condottiero invitto e pacificatore. Gianmarco Gaspari ci introduce invece all’ode “In morte di Napoleone” di Pietro Custodi giornalista, politico, storico ed economista che fu un alto funzionario del Regno Italico. La Professoressa Occhipinti ha ricordato poi il saggio della ricercatrice Karoline Rorig su Cristina Trivulzio di Belgiojoso di cui ricorrevano i centocinquant’anni